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C a t a l o g o
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Recensione |
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A Kabul una dodicenne povera è costretta dalla madre a travestirsi da ragazzo per poter uscire in strada in cerca di un lavoro per sfamare una famiglia di sole donne. Reclutata dai talebani in una scuola coranica, è scoperta e condannata a morte, ma un vecchio e influente mullah la chiede in sposa, portandola a casa insieme alle altre tre mogli. 1° film afgano dall'avvento e dopo la caduta del regime talebano. Segna il rientro in patria del suo autore dopo anni di esilio in Pakistan. Aiutato dalla società di Mohsen Makhmalbaf e postprodotto in Iran. Film claustrofobico di squisita eleganza figurativa, attenta alla lezione dei migliori registi iraniani (A. Kiarostami, S. Makhmalbaf) di cui condivide il principio pudico della sottrazione nel rappresentare la violenza: suscita angoscia prima ancora che indignazione per il modo in cui mette in immagini, in un regime totalitario e fanatico, la condizione disumana della donna che può essere (in misura restrittiva) a patto di non apparire. C'è un unico spiraglio aperto sul sogno-desiderio: quando la donna/bambina protagonista gioca a saltare la corda. Fotografia: Ebrahim Ghafuri. Camera d'Or e Medaglia Fellini dell'Unesco alla Quinzaine di Cannes 2003. Globo d'oro al miglior film straniero. |
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