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C a t a l o g o
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Recensione |
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Sulla scia di Gerry ed Elephant, G. Van Sant trova negli ultimi giorni di un immaginario Kurt Cobain lo spunto per un film afasico che di fatto rinuncia a motivare la morte del giovane musicista per mostrare l'assoluta indecifrabilità della vita. Nessuno si droga, nessuno spara, solo un lento e progressivo avvicinamento a una fine già nota. Tutto è già avvenuto, tutto è già conosciuto tranne quel che occupa il tempo e attraversa la mente di chi è destinato a morire. Senza soluzione di continuità Blake/Kurt si muove in esterni, si bagna nel lago, vaga per l'immensa e fredda casa di pietra, si cambia d'abito più volte, mangia, ascolta i suoi interlocutori, emette parole spesso incomprensibili, suona. Con la macchina da presa lo seguiamo senza sosta in un girovagare disperato alla ricerca di una pace e di un silenzio sempre negati da fastidiose presenze: lo squillare del telefono, gli amici parassiti, un venditore porta a porta, un detective. L'uso di lunghissime inquadrature e del piano-sequenza così come l'espediente di mostrare la stessa scena più volte da punti di vista diversi rafforzano il senso di impenetrabilità del reale che resta muto. Cammeo di Kim Gordon, fondatrice degli storici Sonic Youth, nel ruolo della produttrice discografica. Presentato a Cannes 2005. |
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