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C a t a l o g o
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Recensione |
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Nel 1984 a Durham (Inghilterra del Nordest), durante un lungo e vano sciopero dei minatori contro il governo Thatcher, l'11enne Billy Elliot, orfano di madre, figlio e fratello di minatori, sembra nato per danzare. Aiutato da una ruvida maestra locale, s'iscrive alla scuola del Royal Ballet di Londra. 14 anni dopo al Covent Garden danza Il lago dei cigni nella messinscena di Matthew Bourne. Scritto da Lee Hal, è l'esordio al cinema di S. Daldry, regista teatrale (Royal Court). Tipico esempio di film riuscito e di grande successo che lascia tiepidi i critici. Ha tutto per piacere: percorso a ostacoli con vittoria finale; contrasto tra l'aspirazione alla bellezza (musica, danza) e l'aspro sfondo sociale; luoghi comuni (non tutti i ballerini sono gay); brioso con scaltro piazzamento dei momenti di pathos; simpatia dei personaggi che superano i loro pregiudizi. La sua carta vincente è il piccolo J. Bell, ma il merito è anche di Daldry e della sua brillante e cangiante scrittura registica, tesa ad alternare, saldandoli, il pedinamento socio-realistico e le cadenze del musical. Nastro d'argento (film straniero). |
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