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C a t a l o g o
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Recensione |
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Talvolta la profondità va cercata in superficie. Nel Paranoid Park di Portland (Oregon) si esercitano i ragazzi patiti di skateboard. Tra loro c'è Alex, giovincello 16enne, tutt'altro che stupido, ma apatico, introverso, disinteressato a quel che succede nel mondo e intorno a lui. Va in giro con la sua tavoletta a rotelle, ma la usa poco, limitandosi a osservare le acrobazie altrui. Un notturno incidente – la morte di un guardiano da lui spinto involontariamente sotto un treno – lo mette in crisi di colpa, ma dura poco. Prodotto a basso costo con attori presi dalle scuole o sconosciuti e girato parzialmente in Super8 per seguire le evoluzioni dello skateboarding con soggettive così insistenti da diventare simboliche, è un film impressionistico che “al pari di Alex, si prende il suo tempo, si attarda su momenti apparentemente privi di importanza” (A. Morsiani). Anche per l'uso del ralenti, sfiora l'onirico, come immerso nell'ovatta dell'irrealtà. Fotografia instabile di Christopher Doyle (che ha molto imparato dal cinese Kar-wai Wong), funzionali paesaggi sonori, eccentrica colonna musicale che mescola rap, motivi di Nino Rota e la Nona di Beethoven. Tratto da un romanzo di Blake Nelson, scritto, diretto e montato da G. Van Sant, di cui è il 12° lungometraggio, è tematicamente in linea con il suo passato. Premio speciale al Festival di Cannes 2007. |
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Ragazzi - Centro di Documentazione Cinematografica sull'Infanzia e
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