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C a t a l o g o
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Recensione |
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“Incerto come il sedere di un bambino” ha scritto da qualche parte James Joyce. Non si erano mai visti in un film tanti incerti culetti di bambini d'ambo i sessi, e qualche pisellino, come in questo film del cinese Z. Yuan, autore di Diciassette anni, premiato a Venezia 1999. Da un romanzo semiautobiografico di Wang Shuo, con pericolosa fama di scrittore non allineato, è ambientato pochi anni dopo la Rivoluzione in un asilo di Pechino dove, governati da due maestre, sono ospitati un centinaio di bambini di 4/5 anni, sottoposti a una rigida disciplina collettiva – che, tra l'altro, li obbliga a far la cacca tutti insieme, a ore fisse – alla quale si ribella in vari modi l'indisciplinato Qiang. Apprezzarlo soltanto come una metafora sul potere e l'omologazione appare ingeneroso e limitativo. A parte il brio dei piccoli interpreti (di chi il merito se non del regista?), non sono trascurabili la sottigliezza con cui è disegnata la psicologia infantile, la dialettica tra il bisogno di essere accettati dagli altri e l'istintiva reazione alle regole collettive, la dimensione della paura e quella della fantasia. Coprodotto in Italia da Marco Müller (Downtown Pictures). Montaggio: Jacopo Quadri. Musica: Carlo Crivelli. Esposto ai Festival di Sundance e Berlino. Distribuito dall'Istituto Luce. |
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