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C a t a l o g o
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Recensione |
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La madre di Fausta, una ventenne peruviana, sta morendo e le ricorda cantando che lei è stata allattata con il ‘latte della tristezza' perché nata negli anni Ottanta in cui terrorismo e stupri erano all'ordine del giorno. Dopo la morte della genitrice Fausta vorrebbe offrirle un funerale degno di questo nome ma i pochi soldi sono stati tutti investiti nei festeggiamenti per l'imminente matrimonio della cugina. Lo zio però vuole che il cadavere venga seppellito prima delle nozze. Fausta che vive in una baraccopoli alla periferia di Lima cerca di vincere le sue paure e trova lavoro come cameriera presso una pianista. Spera così di mettere insieme una somma adeguata per le esequie. Fausta è un personaggio dall'assoluta originalità. Non poteva essere altrimenti visto che la regista è Claudia Llosa che già in Madeinusa, mai distribuito in Italia, aveva dato prova di altrettanta originalità. Llosa, con il contributo di una bravissima Magaly Solier, riesce a conservare una visione di assoluta compassione (nel senso più elevato del termine) nei confronti della sua protagonista. Il terrore nei confronti degli uomini Fausta lo ha veramente succhiato con il latte e sembra incapace di liberarsene per volgersi verso una sessualità accettata e consapevole. Intorno a lei sopravvive un mondo di miseria che contrasta in modo stridente con la vita che si conduce nei quartieri alti. Anche se non manca qualche tocco di folklore di troppo la percezione di un divario che non può non essere colmato, pena l'esplosione di conflitti dalle conseguenze imprevedibili, è quasi tattile. |
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